domenica 2 agosto 2009

Carolina Klüft (salto in lungo)






1 commento:

  1. LA PELLE-KLUFT E IL PONDUS-KUTT

    di V.S.Gaudio


    Carolina Kluft è quasi un tipo puro della razza nordica di Deniker, la razza Kirmica di Broca, che alla dolicocefalia, agli occhi chiari e ai capelli biondi abbina la pelle bianco rosata. E’ una longilinea mesomorfa dall’Indice Costituzionale pari a 50, quando pesa attorno ai 65 chilogrammi; quando pesa di più lo supera e l’Indice del Pondus naturalmente cresce, tanto che da 24 o 23 che è quello di base, può essere tra 21 e 20,cosa che, essendo il valore decrescente,le fa sfiorare, dal vallore “medio-alto”, quello “alto” [Altezza 178 – (peso 65 + 89 podice=)154=24; 178 –(66+89=)155=23; 178-(66+90=)156=22].
    Il fascino di C.K. è dovuto alla “cavità”, che c’è nell’etimologia del suo nome, un po’ come avviene, in altro modo, per la Prezerakou, nel cui nome c’è lo stesso paradigma(e fanno tutt’e due salto in lungo!), e alla “consistenza in sé” della sua pelle(che è comune denominatore nel fascino femminile svedese, solo che la pelle della Kluft è differente dalla pelle “densa in sé” di Sanna Kallur).
    La pelle densa in sé della Kluft è come se avesse qualcosa del “kluft”, questa “fenditura” che, in tedesco, può essere abbinata al “look”[difatti, “kluft”(da “klüfte) è sia “fenditura”, “crepa”,”abisso” che “look”, “vestiti”], come se fosse i corpo il vestito stesso; ha una curva sensoriale che rende il suo pondus mesomorfo dalla pelle bianco rosata ostinatamente patagonistico.
    Ho detto “curva”, ed è questo che possiamo rinvenire nel suo esserci: in sanscrito, “kuti” è “curva”, con dentro la liquidità della “l” e la tenerezza sabbiosa di “ft”, che “fende” bagnata la carne di questo pondus, una sorta di patagonismo liquido che “taglia”(“lu”,verbo: “tagliare”, “dividere”) o “muove in qua e in là”(“lul”) o semplicemente “viola” e “afferra”(“lup”): la pelle-kluft, curva umida, che fende il fantasma del visionatore o poeta che ne coglie l’assolutezza patafisica.
    Quando si capta questo in poche e determinate immobilizzazioni fotografiche della Kluft, viene svelato, o quantomeno sorpreso, ciò che non avrebbe mai dovuto essere rappresentato, e che nella sequenza normale anche di una gara non è mai visibile, è allora che la carne perviene all’incanto geografico del suo altrove, che ha determinazioni indecifrabili e illeggibili ma che fa entrare nella curvatura del tempo il desiderio del poeta, che ritrova il suo fantasma del “moudre-à-eau”, il pondus macinatore, non è che il poeta stia sentendo il suono “kutt”, che è lo schema verbale di “schiacciare”, “pestare”, “macinare” in tanto che in qualche modo il pondus della Kluft sia nello schema dell’”incurvarsi”, che è “kut”?

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